Abitare il dolore: quando sono debole allora sono forte
Alla paura si reagisce principalmente attuando alcuni meccanismi difensivi: l’attacco, la fuga, l’immobilità (freezing) o la morte apparente, quest’ultima strategia è la reazione più estrema ed inconsapevole che conduce ad una sorta disconnessione fisica e dissociazione mentale.
E’ proprio il caso di dire che la paura è una delle emozioni “più temute” ma allo stesso tempo tra le più utili perché, in qualche modo, protegge dai pericoli.
Ma se la paura ci mette in guardia dai rischi, la tristezza nella sua espressione del dolore emotivo, a che serve e come si reagisce ad essa?
Qualche anno fa la Pixar[1] ha prodotto un cartone animato ad altissimo valore educativo, “Inside out”, in cui le emozioni personificate sono state le protagoniste indiscusse. Inizialmente sembrava che fosse Gioia a tenere banco, ma nello svolgersi della pellicola si è capito che il ruolo principale lo rivestiva Tristezza la quale è riuscita a risolvere i problemi che intervenivano nello scorrere della trama ed a portare alla migliore soluzione.
La tristezza è quell’emozione che spesso cerchiamo di fuggire, aggirare o soffocare ma, come ci insegna il cartone animato della Pixar, ci aiuta a scoprire soluzioni e possibilità nuove.
Se ci pensiamo con attenzione, non è la gioia l’unico motivo di benessere e, seppure talvolta così accade, è una motivazione del tutto parziale.
Il vero stato di benessere si genera da un’equilibrata interazione di tutte le emozioni senza evitarne nessuna.
La sofferenza emotiva che porta con sé la tristezza è un tratto di strada da fare, un varco da attraversare, un luogo momentaneamente da abitare.
Non si può ma, soprattutto non si deve, evitare la tristezza, ogni tentativo di esorcizzarla facendo finta che non esita, non porta ad altro che ad accentuare, nelle profondità del proprio animo, la presenza di un velo grigio che con il tempo, se non viene scosso, rischia di coprirsi di ulteriore polvere.
E’ come lo scheletro nell’armadio, torna sempre a dar fastidio fin quando non decidiamo di sbarazzarcene.Per superare il dolore emotivo un’ottima strategia potrebbe consistere nel permettergli di abitare in noi per il tempo necessario alla sua metabolizzazione e normalizzazione, accettando cosi la sua presenza. Spesso ciò non accade perché non ci sembra naturale soffrire, forse non è giusto ma, con buona pace di chi la pensa diversamente, è un fenomeno del tutto normale.
È normale stare male se si perde una persona cara, se si viene bocciati ad un esame, se un lavoro va male, se si smarrisce un oggetto per noi particolarmente importante, se non si è ricambiati nei sentimenti, se si viene lasciati.
E’ normale soffrire.
Inutile fingere di essere forti o che un macigno che ci è piombato addosso tra capo e collo non ci abbia fatto neppure un graffio.
E’ normale soffrire e questa sofferenza ha bisogno di tempo per passare, anche se non credo che il tempo guarisca le ferite, come dicono in molti, ma sicuramente quel male, attraverso il fluire degli eventi non manterrà la forza del primo giorno e sarà sempre più gestibile.
Per favorire la catarsi del dolore emotivo una buona prassi è aprirsi e narrarsi, non chiudersi nella propria sofferenza ma dischiudere uno spiraglio attraverso cui passino aria e luce. Raccontarsi e raccontare di ciò che ci affligge, se fatto con equilibrio, non ci rende più deboli e vulnerabili anzi riconoscere la propria debolezza è motivo di forza.
San Paolo nella seconda lettera ai Corinzi scrive: “quando sono debole, è allora che sono forte”, questo scritto tanto antico è assolutamente corretto e contemporaneo perché ci aiuta a riflettere su una grande verità: solo se riconosce la propria debolezza e la condizione di bisogno in cui si versa, proviamo a cercare aiuto ed una soluzione per migliorarci altrimenti tutto resta com’è e la sofferenza invece che diminuire si allarga a macchia d’olio prendendosi lo spazio vitale e togliendoci la libertà di stare bene.
Quando arriva il dolore accogliamolo, se diversamente non si può fare, sostiamo con lui il tempo necessario che gli permetta di andare via e nel contempo non chiudiamoci alla vita. Il dolore, visto da un’altra prospettiva, può essere quell’opportunità che ci permette di dare più valore alla nostra esistenza, rivalutando le cose belle, spesso non considerate abbastanza.
Dott.ssa Antonella Petrella
Psicologa Psicoterapeuta
[1] La Pixar Animation Studios, o semplicemente Pixar, è una multinazionale e casa di produzione cinematografica specializzata in CGI, con base a Emeryville, California. È stata fondata nel 1986, e dal 2006 appartiene alla Walt Disney Company (Fonte Wikipedia).