Halloween non mi appartiene ed io non appartengo ad Halloween
Ieri una mamma mi ha raccontato che presso la scuola di infanzia di suo figlio si sarebbe festeggiato Halloween e mi ha chiesto come sarebbe stato più opportuno comportarsi non condividendo tale scelta. Mi ha colpito tanto la sensibilità di questa persona ed il timore di fare una scelta che potesse nuocere al figlio, in un verso o nell’altro. La sua richiesta mi ha dato l’opportunità di riflettere su questo argomento e di condividere la mia riflessione con chi la vorrà leggere.
Quella che ricorre in questi giorni e conosciuta come festa di Halloween è un evento che affonda le sue radici in una tradizione dell’Europa precristiana e in particolare nella cultura celtica. Per gli antichi celti, popolazione prevalentemente di pastori, che vivevano seguendo i ritmi che la natura gli imponeva, questa data corrispondeva al Samhain, il capodanno, cioè il tempo dell’anno in cui terminava la stagione calda e cominciava la stagione del buio e del freddo.
Fino a qui tutto sommato non sembra esserci nulla di strano o preoccupante, ma approfondendo il tema scopriamo che l’importanza che i celti attribuivano al Samhain risiedeva nella loro concezione del tempo, visto come un cerchio suddiviso in cicli. La chiusura di ogni ciclo era un evento molto importante poiché portava con sé una grande carica magica, pertanto, bisognava propiziarsi le forze ultraterrene per non incorrere in catastrofi e sventure.
Ecco allora che, oltre alla tradizione, compare qualcosa che comincia a stridere: la carica magica della chiusura del ciclo temporale.
Vediamo di che si parla quando di parla di magia.
Secondo l’autorevole dizionario Treccani la magia è una pratica ed una forma di sapere esoterico e iniziatico che si presenta come capace di controllare le forze della natura per scopi ritenuti utili, o anche per recare danno, con riti o manipolazioni. La magia, che in virtù della manipolazione e della presunzione di potere, non può distinguersi in buona o cattiva, bianca o nera, è sempre negativa e pericolosa sia a livello mentale che spirituale perché soggioga a più livelli le persone e le lega con i lacci della sottomissione più negativa che possa esistere: quella di diventare schiavi.
Schiavi dei rituali, schiavi della paura, schiavi di convinzioni e credenze sbagliate.
Schiavi.
Strettamente collegata alla magia c’è la superstizione, quell’inganno che ci illude che compiendo determinate pratiche o evitandone altre, siamo nella possibilità di
gestire gli eventi a nostro piacimento e beneficio.
Essere superstizioni, per i cristiani è un grave peccato perché fa anteporre alla volontà divina sia la manipolazione umana che determinate pratiche illecite (es. portare un corno, usare un oggetto portafortuna, ecc), per tutti è una modalità che determina l’annichilimento mentale e dà spazio ad innumerevoli errori cogniti.
L’errore, più frequente che commettiamo è confondere la causalità e casualità, creandoci convinzioni fallaci e dimenticando la maggior parte degli eventi avviene indipendentemente e non come conseguenza di una pratica magica, di superstizione o di manipolazioni esterna (es: se mi è andato male l’esame è perché ieri ho rotto lo specchio ed ora per almeno 7 anni sarò destinato a soffrire. Per fare altri esempi, possiamo anche ricordare, se ce ne fosse bisogno, il canto della civetta, il gatto nero che attraversa la strada, il passare sotto una scala, lo spargere sale, ecc).
La superstizione diventa spesso uno stile di vita fino ad arrivare ad influenzare ogni scelta. Ecco che torna il concetto di schiavitù, un concetto subdolo che ci illude di estrema libertà (di scelta, di gestione, ecc.) ma che in realtà ci tiene sotto scacco.
Questa lunga digressione si è resa necessaria per gettare le basi per valutare l’opportunità di non partecipare ai vari festeggiamenti in occasione di Halloween.
In primis, bisogna ricordare, che questa festa affonda le sue radici in una cultura esoterica che cozza con la nostra di appartenenza, in secondo luogo è necessario sottolineare che essa contribuisce a dare rilievo e peso a credenze ed atteggiamenti che fanno male al nostro modo di rapportarci alla realtà.
Ma non è solo questo.
Sicuramente non tutti, tra quelli che leggeranno queste righe, saranno d’accordo con il mio punto di vista e lo comprendo, probabilmente leggendo qualcuno penserà “ma che male c’è?”, “è un gioco”, “lo fanno tutti” ecc. ecc.
Se vogliamo alleggerirci le coscienze e toglierci la responsabilità di contribuire al proliferare di abitudini sbagliate e dannose, ripetersi queste frasi è la scelta migliore, se invece vogliamo essere protagonisti della nostra vita e miglioraci senza scimmiottare nessuno ma restando saldi sulle nostre origini ed appartenenze, allora potremmo cominciare a chiederci se è davvero tutto così semplice come crediamo e ci fanno credere, oppure no.
Chi tra di voi è genitore, zio, nonno e farebbe giocare il proprio figlio o nipote con un coltello affilato? Immagino nessuno eppure anche in questo caso potrebbero sollevarsi le stesse riflessioni di prima riguardo alla festa di Halloween: “che male c’è?”, “è un gioco”, “anche gli altri lo fanno” e cosi via.
Bene, a questo punto qualcuno potrebbe dire: “stiamo rasentando il ridico, che paragoni sono questi?.
Paragoni quanto mai azzeccati perché sia giocare con un coltello affilato che travestirsi da zombie, mostri, streghe e demoni (incentivando così il culto di Halloween) è qualcosa di pericoloso che porta alla morte in un caso fisico (con il coltello affilato) nell’altro morale e spirituale.
Parlo sempre ai genitori, agli zii ed ai nonni, sareste contenti se i vostri bambini perdessero la possibilità di scegliere, di essere liberi e diventassero dipendenti dalla paura, dai rituali, perdendo le radici e la capacità di credere in se stessi o di impegnarsi per ottenere qualcosa per sé?
Credo proprio di no, ed allora perché li invogliamo e li incentiviamo ad impersonare la morte con le varie maschere spettrali che in questi giorni si vedono ovunque?
Chiediamocelo tutti.
E chiediamoci anche se Halloween, anche togliendo le opposizioni della religione, è una festa bella da vivere oppure no.
Chi di voi gioca e ride al cospetto della morte?
Chi si diverte nel vedere volti sfigurati, sangue in ogni dove ed altre brutture simili?
Chi insegna ai propri bambini che se non si ottiene tutto quello che si vuole si è legittimati a vendicarsi (come suggerisce la frase che tra qualche ora diventerà un tormentone: “dolcetto o scherzetto”)?
Siamo sempre convinti che è un gioco, che non c’è nulla di male?
Mi auguro di no.
Spero che questa mia personalissima riflessione semini quel piccolo dubbio sufficiente che ci aiuti a cambiare rotta ed a chiedersi:
“Ma io a chi appartengo?”, “A chi voglio appartenere?”, “A chi o cosa voglio dedicare il mio tempo?”
“Cosa voglio testimoniare con la mia esistenza?”, “Cosa voglio trasmettere ed insegnare ai miei figli?”,
“Sono capace di scegliere o permetto ad altri ed altro di scegliere per me?”.
Sono consapevole che queste possono essere domande scomode e provocatorie ma sono convinta, allo stesso tempo, che siano importanti per la nostra crescita, pertanto le pongo per prima a me stessa.
Sapere cosa si sceglie tra le tenebre e la luce, tra il culto della vita e quello della morte, tra la possibilità di vendicarsi e quella di perdonare, risulta necessario per decidere su quale strada camminare e soprattutto dove si vuole arrivare.
In un tempo in cui prevale il tutto e subito, in cui si perdono i valori e si colmano i vuoti, in cui la frustrazione è sempre meno tollerata e la solitudine fa talmente tanta paura che talvolta siamo pronti a rinnegare noi stessi e seguire le mode più svariate pur di non sentirci emarginati, in un tempo come quello in cui stiamo vivendo, dobbiamo avere il coraggio dell’autenticità, di andare controcorrente, di affermare le nostre radici non assecondando chi vuole omologarci perché ciascuno di noi è unico e speciale e soprattutto è figlio della Luce. Ciascuno di noi è destinato al Cielo non certo agli inferi.
Padre Amorth, che penso tutti abbiano sentito nominare come uno dei più grandi e famosi esorcisti italiani, scriveva: “Festeggiare Halloween significa rendere un’ osanna al diavolo. Il quale, se adorato, anche soltanto per una notte, pensa di vantare dei diritti sulla persona”, poi continuava: “La festa di Halloween è una sorta di seduta spiritica presentata sotto forma di gioco. L’astuzia del demonio sta proprio qui. Se ci fate caso tutto viene presentato sotto forma ludica, innocente”.
Una ragione in più per cambiare, una ragione in più festeggiare la luce piuttosto delle tenebre.
Halloween non mi appartiene ed io non appartengo ad Halloween.