Quando l’arte diventa denuncia e parla al cuore…
Qualche giorno fa Napoli si è svegliata con la scultura di un neonato adagiata nell’abbraccio di una piazza Plebiscito vuota e fredda.
Una scultura emblematica per questi giorni tristi.
A Trapani invece c’è stato un risveglio diverso, segnato dalla morte di un bambino appena nato.
A Ragusa il giorno prima, per un soffio, o meglio, per la esile forza di un fragile vagito, il pericolo di un’altra morte violenta e prematura, è stato scampato.
Quella lasciata a terra a Napoli è una scultura nata dalla mente di un artista brillante di nome Jago e dal pensiero di un imprenditore lungimirante.
Una scultura che non è solo un’opera d’arte ma una dura denuncia della povertà, della paura, dell’indifferenza, della solitudine, dell’assenza di valori e di gratitudine.
Non è questo però il tempo né il luogo per il giudizio, piuttosto, può diventare l’ occasione della riflessione, dell’accettazione, della comprensione e del perdono.
Insieme a quel bimbo è morta anche la sua mamma, una ragazza, poco più che bambina, forse troppo giovane per capire e trovare strade diverse.
Forse ancora troppo piccola per diventare grande così in fretta.
Forse ferita, forse spaventata.
Sicuramente però segnata da una cicatrice profonda ed indelebile che risuona forte anche nei cuori di chi soffre la mancanza di un figlio.
Quella mamma è un’altra bimba da abbracciare come tutte quelle donne, mamme nel cuore.
La scultura nell’abbraccio di piazza Plebiscito è un pugno nello stomaco.
Fa male.
Fa paura.
Stringe il cuore.
Ed è così che deve essere, per aiutarci a dare senso e valore alla vita.
Nulla deve essere dato per scontato ma tutto accolto come dono e così custodito.
Un abbraccio ai bimbi soli, a quelli che sono in cielo, a quelli che aspettano nei sogni di cuori desiderosi di vita.
Un abbraccio alle mamme piccole, a quelle che stanno crescendo, a quelle sole, a quelle tristi.
Un abbraccio che dia la forza per cercare oltre il buio e aiuti ad attendere il sorgere di una luce nuova.