Scegliamo la pace e diventiamone fucine

Scegliamo la pace e diventiamone fucine

Il primo giorno dell’anno rappresenta un momento significativo, non solo perché segna un nuovo inizio, ma anche perché celebra la Giornata Mondiale della Pace. Questa occasione ci invita a riflettere su un tema tanto serio quanto sfuggente. In un’epoca caratterizzata da conflitti sanguinosi in molte parti del mondo, come in Ucraina, in Medio Oriente e in diverse regioni africane, la parola “pace” appare come un miraggio, visibile solo nei cartelloni che i bambini disegnano a scuola, nelle scritte sui loro zaini o in murales che il tempo cancella inesorabilmente. I teatri di guerra a cui stiamo assistendo ci ricordano quanto sia fragile la condizione umana e quanto facilmente odio, paura e avidità possano sopraffare intere nazioni. Nonostante una storia costellata di massacri, atrocità e distruzioni, l’umanità ha appreso poco, rimanendo ferma con uno sguardo egocentrico e trascurando il valore dell’altro e il dolore che potrebbe infliggergli.

Possiamo davvero parlare di pace globale se prima non affrontiamo il conflitto che vive dentro di noi?

“La pace inizia dentro di noi” è una frase che può sembrare scontata o inflazionata, ma che è, al contempo, profondamente vera e attuale. Il suo nucleo vitale risiede nella nostra coscienza. La coscienza è quella voce interiore che ci orienta, un luogo dove emozioni, pensieri e intenzioni si intrecciano per dar vita alle nostre azioni. Essa rappresenta l’essenza di ciò che siamo: la nostra bussola morale, che ci dirige verso il bene o ci porta nel conflitto. Quando lasciamo che rabbia, frustrazione e risentimento prendano il sopravvento sulla nostra coscienza, apriamo la porta a piccole guerre quotidiane: discussioni, incomprensioni e, nei casi più gravi, odio.

Riflettiamo: quante volte siamo stati causa di discordia semplicemente per non aver ascoltato o per non aver cercato di comprendere? Quante volte una parola mal calibrata ha ferito chi ci stava vicino? E se ogni singola azione contribuisce al quadro più ampio, quale responsabilità abbiamo verso la pace mondiale?
Questi sono interrogativi importanti perché ci mettono in una posizione scomoda e difficile: quella della responsabilità e della corresponsabilità. Sebbene ciò possa pesare, è essenziale che ciascuno di noi se ne faccia carico.

Conoscete la storia della goccia dell’oceano, che, se non ci fosse, lascerebbe l’oceano con una goccia in meno (cfr. Madre Teresa di Calcutta)?
Oppure quella del battito d’ali della farfalla a Pechino che provoca la pioggia a New York (cfr. J. Park, teoria del caos)? O ancora, citando il film “Un sogno per domani”, il gioco “passa il favore”?
Alla luce di quanto detto, quale responsabilità abbiamo nei confronti della pace mondiale?

Questa è una questione cruciale, poiché ci costringe ad affrontare una posizione scomoda e complessa: quella della responsabilità e della corresponsabilità che, sebbene pesante, è fondamentale che ognuno di noi si assuma.

Il passaggio dal nostro mondo interiore a quello esteriore è un processo naturale: ciò che portiamo dentro di noi si manifesta all’esterno. Qui entra in scena un fenomeno fondamentale: l’identità collettiva. Oggi viviamo in una società in cui le folle si formano rapidamente, sia in modo fisico che virtuale. I social media, potenti e onnipresenti, fungono da uno specchio distorto delle nostre coscienze.

Pensiamo agli hater e al cyberbullismo: ogni commento carico di odio, ogni insulto o critica infondata rappresenta una miccia che alimenta un circolo vizioso. La psicologia delle folle, studiata da Le Bon, ci insegna che, unendosi a un gruppo, si tende a perdere la propria individualità, comportandosi spesso in modo impulsivo e irrazionale. Nei social media, questo fenomeno è amplificato dall’anonimato e dalla distanza fisica. L’odio collettivo si diffonde, colpendo le vittime e, allo stesso tempo, distruggendo chi lo genera. Ma è davvero questo il tipo di mondo che desideriamo creare e in cui vogliamo vivere?

La pace non è un ideale lontano o un compito riservato ai leader mondiali. È una scelta che possiamo fare ogni giorno, nelle nostre case, nei luoghi di lavoro, nei rapporti con gli altri. Possiamo essere fucine di pace, forgiare relazioni basate sul rispetto, sull’empatia e sulla gentilezza, spezzando la catena dell’odio.

Il cambiamento comincia da noi, nel modo in cui rispondiamo alle provocazioni, nel coraggio di chiedere scusa, nei gesti gentili che non ci costano nulla ma possono fare la differenza. Se ognuno di noi scegliesse di diffondere pace invece di rabbia? Se smettessimo di alimentare l’odio con la nostra indifferenza o il nostro silenzio?
Se facessimo questo – come mi insegnò la mia professoressa alle scuole medie con la frase che spesso ripeto: “Se ogni piccolo uomo nel suo piccolo mondo fa una piccola cosa, il mondo cambia” – il mondo cambierebbe davvero.

Con l’anno nuovo alle porte, poniamoci un obiettivo concreto: essere artefici di armonia, fare una piccola cosa, la nostra, affinché il mondo cambi. Lasciamoci ispirare dalla Giornata Mondiale della Pace per rinnovare le nostre intenzioni e ricordare che, anche in un mondo caotico, ogni piccolo gesto conta. Perché – e non è mai banale ripeterlo – la pace inizia dentro di noi.